lunedì 31 marzo 2014

"è un crimine lasciare indietro tutta questa felicità."

"è un crimine lasciare indietro tutta questa felicità."
(da L'Armonia delle Cose)
Il mio progetto MenoStressPiùFarfalle continua, anche se non ne parlo spesso. Sta diventando una cosa sempre più personale: ogni volta che lo sfoglio e ne rileggo le poche parole - nemmeno studiate ma che aggrumano tutte le sensazioni provate in quegli attimi in cui le ho scritte - mi rendo conto che è una cosa davvero miaesolomia.
Ne parlo qui, ogni tanto, solo perché questo è il mio diario segreto ma non troppo, il posto dove fermo nero su bianco i miei pensieri e gli accadimenti del CircoloVizioso, in realtà però si tratta di una cosa che sta scavando così a fondo che non sempre è facile parlarne e scriverne, ad un pubblico anche se esiguo.

Però poi succede che leggi delle cose, ti soffermi su certe parole (e Fosca è così abile nella scelta delle parole) e ti scopri a pensare a QUEL preciso momento in cui hai pensato la stessa, identica cosa:
"è un crimine lasciare indietro tutta questa felicità."
E allora, onesta con me stessa, queste sono le parole che ho scritto appena lette le sue, di  parole. C'è molto da pensare, molto...
Stamani mi sono svegliata - svegliata? perché, ho dormito, stanotte? - col canto degli uccellini, ho aperto le persiane e c'era un cielo perfettamente azzurro, due nuvolette bianche tra i tetti all'orizzonte, giusto a dire che quello che vedevo era vero davvero. Ho svegliato la PM, che ha anche sorriso e non ha fatto le solite storie: era tutto così perfetto che subito ho fermato nella mia mente quella sensazione di felicità per scriverla come pensiero MenoStress del giorno.
Poi il lavoro mi ha preso e non mi sono resa conto del tempo che passava. Quando ho sentito il bisogno di prendermi una pausa ho aperto il lettore e il post appena uscito era quello di Fosca. Come darle torto? Come poter lasciare da parte la meraviglia che si ripete ogni anno, la vita che comunque, e nonostante tutto, rifiorisce? Come lasciare indietro il cinguettio degli uccelli, le nuvolette bianche perfette, il sole, l'aria che scalda?
Eppure, nonostante tutte queste immagini paradisiache, anche troppo intrise di melassa, a volte, ci sono momenti in cui ti lasci crollare, ti abbandoni alla disperazione, ti fai affondare dal dolore. Ci sono cose momenti situazioni in cui tutta la tua sicurezza e le tue certezze sprofondano nel nero più pece che ci sia. Pensi all'Amica con quel problema profondo e tu che non sai come aiutarla. Pensi a quella bambina, piccolo fiore, che se n'è andato all'improvviso e a suo fratello, a sua madre a suo padre. Pensi a cosa faresti tu se da un momento all'altro...
Meglio non pensarci, meglio. La felicità è ora e tu non puoi fare proprio niente per evitare le sofferenze, in te e negli altri, e per far sì che la vita sia solo cinguettio degli uccelli, nuvole bianche e perfette e sole e aria che scaldano.
O meglio, c'è solo una cosa c'è che puoi fare: non lasciar andare tutta questa felicità, non sprecarla. Fermarla, per istanti, e riempirne le tue giornate e quelle degli altri.

martedì 25 marzo 2014

Ho sognato Roma

Stanotte ho sognato Roma.
Roma La Bella, Roma dei Fori visti dall'alto, Roma che sempre si infila tra le pieghe dei miei ricordi. Un sogno vivo, fresco, un sogno sveglio. Camminavo per le strade così umane con una fiducia ferma. Ho lasciato la bici appoggiata alla serranda di un negozio chiuso, e non per la crisi. Umido sui sampietrini, ombre e luci che giocavano a rincorrersi, persone raggrumate in discussioni quotidiane, con i visi sereni e i sorrisi aperti. Oddio che sogno: correvo, a un certo punto, ma senza ansia, verso la stazione; il mio treno stava per arrivare ma io ero ancora molto lontana, nei dintorni di San Pietro. Ho camminato a passo svelto lungo il Tevere, ho sceso di corsa (o come su uno scivolo?) una scalinata che non ricordo nella realtà, un intarsio di sculture, visi, animali, vegetali. Ormai con i piedi a terra, mi sono accorta di un marmo rotto, il dito del piede di uno di quei personaggi. Non l'ho portato con me, mi è sembrato doveroso lasciarlo vicino al suo padrone.
Roma era fredda, non gelida, calata la sera. Ho incontrato un personaggio senza volto che mi ha accompagnato lungo la mia strada: parlavamo della gente, con tranquillità correndo. E sì che è un po' che non penso alla mia Roma, chissà perché è venuta a trovarmi nei sogni. E sì che è anche un bel po' di tempo che non c'è tempo di sognare nei miei sonni, tutti troppo contratti, tutti prossimi alla sveglia. Credete nei messaggi dei sogni, voi? Roma era placida, un respiro grande e sereno. Ecco, sì, c'era tanta serenità in questo sogno, forse è per questo che mi è sembrato così strano, forse è per questo che mi ha colpito tanto: Roma era serena.
Non traggo conclusioni, devono ancora maturare nel mio cuore e nella mia testa, e forse è meglio così: forse è meglio che Roma lavori dentro di me, che mi trasmetta quella serenità, che mi porti i ricordi felici di un tempo mai finito, una vita fa, quando tutto era diverso, quando avevo niente, nemmeno l'idea, di quello che sarei stata oggi, di quello che avrei avuto, oggi.
Ripenso al sogno, ancora, e mi accorgo che non tutti i miei sensi erano attivi: se di solito quando sogno ho ricordi di profumi, di consistenze, di sapori, di suoni, stavolta tutto puntava sulla vista. Immagini, una dopo l'altra, istantanee e piccoli video, luoghi importanti per me in quella Roma, mixati a posti che non ho mai visto e che nemmeno so se esistano davvero. Strade affiancate, separate da minimi boschetti, che da una parte costeggiano il fiume grigio e dall'altra si infilano tra case vecchie e stinte, tutte a un piano, basse e rammendate. Piazzette spazzate dal vento, a cavallo del fiume, assolate e vuote di gente. Scalinate senza inizio né fine, come in un quadro di Escher, lavorate da un barocco splendido, ricche, dedicate a pochi ma presenti nel quotidiano della gente. Incroci di strade ombrosi, tra i palazzi alti e le insegne, le serrande aperte e le luci accese: immagini vive, così vive che ancora mi sembra di toccare quel muro a cui mi ero appoggiata, chiacchierando con qualcuno. E poi un ricordo che nel sogno non c'era ma che torna nella mia mente ogni volta che pronuncio "Roma", anche solo col pensiero: l'EUR, le strade vuote, il freddo tagliente, la busta di plastica che vola in un mulinello, il cane, solo. E noi.*
Alla fine sto scrivendo per capire il significato di questo sogno strano, combattuta tra la curiosità di capire e la voglia di lasciar andare: non c'è un punto a cui voglio arrivare, non c'è una storia con un finale da raccontare. Solo immagini, in fila una dopo l'altra, flashback e collegamenti. Lascio la mente libera di collegare, di pensare, di viaggiare. Chissà che non sia questo il messaggio.
Riprendo i fili del sogno: mi ricordo di aver pensato ad amiche romane conosciute sul web, una l'ho anche incontrate durante questa mia camminata: Chiara, col suo sorriso e i suoi occhi. E poi corro avanti, ancora, e sento sulla pelle quanto ero serena. Il fiume sotto di me, presente senza imporsi, la mia Roma, il ricordo dolce che ho di lei, il passo svelto senza l'angoscia di arrivare, la pizza fredda al baracchino sotto al Colosseo, seduta sul muretto tra i turisti, mio nonno e la sua mostra di quadri sul ponte, mia figlia e il suo primo viaggio, il bambino che voleva farsi la foto con lei, sotto la pioggia fitta di una Pasqua di qualche anno fa. E la voglia di tornare, e il lungotevere con le canzoni di Baglioni, l'immensa piazza coi mercatini, la chiesetta sconosciuta che ti ha impressionata più di altre per quel suo particolare. Ricordi e suggestioni, ritratti di persone viste di sfuggita che chissà perché sono rimaste impresse e spuntano fuori solo ora.

L'ho preso quel treno verso il quale correvo, alla fine? non lo so, il sogno non è arrivato fin lì. Però il viaggio è stato meraviglioso.

* ecco che forse capisco da dove arriva la voce di Roma!

giovedì 20 marzo 2014

La vita decide lei

Fiera di te. Con un bel piano editoriale, così come insegnano quelli che se ne intendono. Con idee, proposte, una grafica rinnovata, più semplice e chiara, d'impatto. Con temi e linee guida a cui attenersi (questo è un blog che parla di? insomma, cos'è che vuoi raccontare, benedetta figliuola?)

Poi la vita decide lei.

Un giorno ti fa arrivare una mail, oppure ti fa venire un fortissimo dolore al polso, o magari sceglie di metterti una pulce nell'orecchio e ti invita ad approfondire certi argomenti (e a te arrivano tutte, non hai ancora imparato a filtrare, caramia). E tu ti trovi lì, con tutti i tuoi impegni, con i no che non sai dire (stai imparando a delegare ma ancora la strada è lunga, caramia), con gli entusiasmi gratuiti (sempre tutto gratis, tu, mi raccomando) che ti prendono a tradimento. E la sera crolli sul letto bassobassobasso e non ti addormenti se non trovi il modo di leggere anche qualche pagina.

Io credo nei Segni, ci credo fermamente, ci credo fortemente e allora - solo perché davvero ci credo - loro si mostrano (sì, lo so che è solo la mia mente che ha trovato una giustificazione a quello che è accaduto per semplice e puro caso, ma lasciatemi credere nei miei amati Segni!)
Arriva minimo, donna che ammiro e che seguo da qualche tempo, che ti scrive questo post (la sua è una traduzione), proprio quello che ci voleva, proprio nel momento in cui era necessario fermarsi a pensare, porsi qualche domanda, pensare alle possibili risposte.
E tutto il tuo piano editoriale, le idee, le proposte, la grafica, i temi, le linee guida, le puoi rinchiudere in un cassetto, per ricominciare da capo.
La piazza pulita l'hai già fatta a suo tempo, hai applicato le regole, hai semplificato l'ambiente che ti circonda. 

Ora il lavoro va fatto su di te.

La cosa del riordinare gli armadi ha già aiutato molto e sicuramente ci dobbiamo ancora lavorare su: la primavera sta arrivando ed è ora di cambiare abiti.

Rileggo questo post sui nodi e mi ritrovo in riflessioni già fatte e mi scopro a pensare quanto questo blog mi sia servito a "diventare grande" in un modo diverso da quello che avrei inteso prima di conoscere il mondo del web: qui mi sono confrontata con persone diverse da quelle che vedo ogni giorno, qui ho raccontato e ho confessato cose ingenue e futili, che però altrimenti non avrei detto ad anima viva. E il CircoloVizioso, questo personale diario virtuale - che tanto ha dato alla mia vita - merita di continuare a vivere così com'è, libero da vincoli e costrizioni, senza regole rigide e schemi e piani editoriali. 
Metti i tuoi piani editoriali nel cassetto, polepole, salvo riaprirlo appena sarai pronta ad inaugurare il nuovo blog a cui stai lavorando (eheh, credevate che fosse finita qui, eh?) e lascia che la Vita decida lei.

Tornando al post di minimo: 
Be more with less. Essere più con meno. Questo è il mio prossimo obiettivo.
E il vostro?

martedì 4 marzo 2014

Di #zebukday e di tesori liberati

Lo scorso 14 febbraio Zebuk ha festeggiato il suo quarto compleanno (già 4 anni insieme?) e lo ha fatto con tutti voi, liberando libri ovunque, per tutta Italia e non solo.

Il logo del 3° Zebuk Day
Ho un appuntamento in città (ho seguito un formidabile corso di scrittura creativa, ne parleremo presto!) e ho approfittato della bella giornata e del sole che splende per vestire leggero, farmi una bella passeggiata per le strade ancora vive di pioggia e liberare il libro che ho scelto per quest'occasione:


L'isola del tesoro. Un classico tra classici. Uno di quelli che deve essere letto, almeno una volta nella vita. Uno di quelli che di solito si legge da ragazzi, merito (merito!) di quei professori che sanno come indirizzarci sulla retta via... ma questo non significa che L'isola del tesoro sia un libro adatto solo a loro.
Io l'ho letto da grande, per esempio. E questo magari la dice lunga sui miei professori (che hanno optato per altri autori, italiani soprattutto) e anche su quello che ancora manca alla mia cultura di lettrice. Tanto, manca ancora tanto.

Ma torniamo a noi: vi racconto la storia di una liberazione.
«Quindici uomini sulla cassa del morto, yo-ho-ho! E una bottiglia di rum! Il vino e il diavolo hanno fatto il resto, yo-ho-ho! E una bottiglia di rum!» (cit.)
Il sole allo scoperto, di nuovo, dopo tanto. Voglia di liberarsi dagli abiti pesanti, nell'aria un profumo nuovo, di entusiasmo, di avventura (oddio, che cosa poetica).


Ho studiato bene il luogo dove liberare il mio tesoro: dovrà essere bene in vista ma anche ben protetto, in una zona di passaggio frequente, con tanti ragazzi ma non solo. Perché il prescelto dal libro - perché lo sapete che sono i libri, a sceglierci, vero? - potrebbe non essere un ragazzo: magari c'è qualche adulto in giro che ha bisogno di scoprire il suo tesoro, di fare un viaggio in un'isola sperduta, dove ritrovare... qualcosa che ha perso, chissà. Magari se stesso.
Un'ultima scorsa alle pagine, un saluto leggero: buon viaggio!
Poi mi alzo, mi allontano, lo lascio su quella pietra scavata che fa da panchina, all'interno della grande porta medievale: un tesoro abbandonato nella pietra antica, dove tante mani, tanti occhi son passati, dove si son vissute storie, amori, tragedie anche. Ragazzi all'uscita da scuola, bar, negozi nelle vicinanze. Vicino alla porta c'è anche la fontana pubblica, sui fossi.

Chissà, magari Il Prescelto è la commessa del negozio di scarpe che passa a prender l'acqua con le bottiglie di vetro nel cestino rosso della bicicletta. Allunga lo sguardo, curiosa. Ma poi l'acqua scroscia fuori dalla bottiglia, lei si distrae. Non è per lei, il tesoro. No.

Forse Il Prescelto è quel vecchietto? Sì, quello lì, che cammina col bastone e la borsa di stoffa col ciuffo di sedano che spunta fuori, come un mazzo di fiori monocromatico da portare alla moglie, che attende a casa, grembiule a quadretti e cencino a portata di mano: lei gli ha segnato pazientemente la lista della spesa sul foglietto strappato dall'agenda della banca e lui ha eseguito, alla lettera, i compiti assegnati. No, non è lui: il suo tesoro, lui, ce l'ha già a casa, ne è certo.

Quelle ragazze! Turiste, sì. Parlano fittofitto e non si capisce una parola: occhi a mandorla e risate a non finire che escono dalle loro bocche. Ridono anche quando si accorgono del tesoro. Lo guardano e continuano a ridere. Ma si allontanano. Nemmeno una foto, hanno scattato. Strano.

Poi arriva lui, jeans e giubbotto nero. Capelli sale e pepe, sui quarantacinque, forse. Mi accorgo di lui quando è già di spalle, non lo vedo in viso. Nella mano destra ha il cellulare, all'orecchio, e parlaparlaparla, sembra non finire mai il fiato. Nella sinistra la sigaretta, la porta alla bocca e poi si sbraccia, la brandisce come una spada per affrontare un nemico immaginario, forse quello con cui parla al telefono. Rallenta il passo sotto la porta, vicino al tesoro, il mio tesoro. Continua a parlare ma sembra attratto da quello che ha visto; simula anche un certo disinteresse, tra poco comincia a fischiettare e guardare per aria, ne sono certa, ma continua ad avvicinarsi. Lo prende, lo gira e lo rigira, vede il segnalibro forse e rimane un attimo ad osservare, sospeso nel tempo e nello spazio. Ecco, lo ha preso! Lo porta con sé! E mentre riprende a parlare al telefono continua a soppesarlo, rigirandolo tra le mani, sorpreso dal fatto che qualcuno lo abbia lasciato lì, per lui.
Si allontana, ora, con la sua camminata strana e con il suo nuovo tesoro tra le mani, continuando a gesticolare e a parlareparlareparlare.

Buon viaggio, mio tesoro. Mi auguro che chi ti ha accolto sappia darti ascolto, apprezzarti, cogliere i buoni consigli che sai dare, anche solo passare piacevoli ore insieme a te.
«Quindici uomini sulla cassa del morto, yo-ho-ho! E una bottiglia di rum! Il vino e il diavolo hanno fatto il resto, yo-ho-ho! E una bottiglia di rum!»
Sapete che i classici si possono anche ascoltare? Così non abbiamo più la scusa del tempo che manca... ;)

Seduti al bar del CircoloVizioso

Seduti al bar del CircoloVizioso
Ovvero: avete tempo per una birra? Il nostro bar è nato per conservare e ricordare i tanti "posticini del cuore" che ci hanno lasciato un'emozione. Per chi ha bisogno di trovare il suo, di posticino del cuore. Per evadere 10 minuti dalla routine quotidiana, per conoscere posti che magari non avete mai visto, per fermarsi a meditare su un'immagine, per bersi una birretta ghiacciata in compagnia degli amici... Tornate quando volete, il bar è sempre aperto!

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Il Vizio di Leggere

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