martedì 28 aprile 2015

Ma esiste una bambola che chiama "papà"?

"Mamma, questa bambola va aggiustata. Continua a dirmi 'mamma', ma io sono papà!"
Mio figlio, Piccolo Che, quasi 3 anni e mezzo.
E poi dicono che i bambini sono solo bambini, che non capiscono, che blablabla.
Non so voi ma io questa l'ho presa come una grande lezione. Mi ha fatto aprire gli occhi e mi ha dato una dose extra di autostima mammesca!

Sto seguendo un ciclo di incontri sulla "lettura libera da stereotipi": Irene Biemmi, ricercatrice del Dipartimento di Scienze dell'Educazione e dei Processi Culturali e Formativi dell'Università di Firenze, docente e insegnante, autrice di diversi libri (ne parleremo su Zebuk) ci ha aperto gli occhi sul mondo del GENERE.
Attenzione perché usare questo termine può essere rischioso, in certi ambienti. Attenzione perché potreste essere additati come "gente strana", solo perché immaginate un mondo libero dalle pressioni degli stereotipi, dove i vostri figli - maschi o femmine che siano - possano davvero immaginare di diventare CHIUNQUE desiderino diventare (oddio come sono polemica!).

Provate ad aprire i libri di testo dei vostri figli, alle scuole elementari. Osservate le illustrazioni, le parole e gli aggettivi utilizzati per descrivere i bambini e le bambine, le mamme e i papà, i nonni e le nonne. I maschi e le femmine.
Ora provate a rispondere a questa domanda:
se voi foste un bambino di 7-8-9 anni, oggi, cosa vorreste fare da grandi?
la velina? il calciatore? l'astrofisica nucleare? il maestro elementare?
Quello che sembra emergere è che non sia così facile declinare al femminile certi lavori ritenuti 'da maschio' né declinarne al femminile altri ritenuti 'da femmina'. Quello che sembra emergere è che un uomo non può raccontare i propri sentimenti, se solo azzardano a denotare una qualche debolezza. Quello che sembra emergere è - come disse il signore attempato capitato per caso ad uno dei pomeriggi del corso, senza avere idea di dove si trovasse - che 
"beh, è che le donne sono cerebralmente più portate a fare certi lavori. Una donna si sa che è lei che si prende cura della famiglia, lei che sa cucinare meglio, lei che sa come pulire e tener bene la casa."
No, non è una questione puramente culturale, no, non è che ce lo hanno inculcato e continuano a farlo, usando volutamente oppure no, tutti i mezzi a disposizione per farlo, no, non è che vediamo ogni giorno pubblicità dove è la donna che fa la spesa cucina cambia pannolini lava e stira e che queste cose le vedono e le leggono anche i nostri figli e le nostre figlie.
No.
Ok. Forse dobbiamo riparlarne e rivedere certe nostre idee. 


Facciamolo osservando questo documentario, sul tema "Stereotipi e differenze di genere in una classe delle elementari", di Pina Caporaso (maestra elementare attenta) e Daniele Lazzara. Da questi bambini impareremo una lezione molto importante. Molto.

Insomma, nessuno sa rispondere alla mia domanda? Esiste questa benedetta bambola? Perché il Piccolo Che continua a chiedermi di aggiustarla... ;)

lunedì 20 aprile 2015

mercoledì 15 aprile 2015

Tre cose che ho imparato (per ora) dal Plastic Guerrilla Contest 2015


Non è che nel frattempo sono stata con le mani in mano: ho cercato in giro, ho appuntato idee, ho immaginato, sognato, pensato... solo che lo sapete bene, da questo a riuscire a mettere tutto nero su bianco sul blog passa purtroppo un bel po'. Uff.

Il primo traguardo, importante per la mia pigrizia latente, è l'impegno quasi costante di portarmi dietro le amate bottiglie di vetro per prendere l'acqua al fontanello comunale, depurato, garantito e molto meglio di quanto si possa pensare: doppio risparmio, in plastica da non dover buttare e in mancato acquisto di acqua che è un bene comune.

Poi - anche grazie a momentanee mancanze di lavoro, mannaggia - sto investendo del tempo nell'imparare cose nuove, che mancavano al mio bagaglio culturale: da gran studiosa :), dedita all'arte e all'architettura, allo studio appassionato dei caratteri antropologici, alla letteratura e via dicendo... mi sono iscritta ad un corso che parla di fili e trame: tutte donne, solo donne, di tanti paesi diversi, che scambiano saperi, imparano vecchie tradizioni, conoscono nuove realtà, fanno amicizia. Abbiamo appena iniziato col macramè e ci siamo subito catapultate in mille scambi e visioni di quello che si possa fare con dei semplici fili colorati, mentre passavamo all'uncinetto
E per me è stata una grande rivelazione.
Io che non avevo MAI preso in mano quell'aggeggio apparentemente così semplice, eppure ne ho visti per casa in tutti questi anni, io che avevo guardato quel pezzetto di metallo luccicante con gli occhi pieni di timore reverenziale per la magia ammaliante che produceva  meraviglie dalle mani di mamma e nonna, che continuavano a crochettare mentre la loro testa guardava oltre, mentre gli occhi si fermavano sul panorama o sul viso delle persone a loro vicine, io che non mi sono azzardata nemmeno per sbaglio a provarlo, o a chiedere a qualcuno che mi insegnasse... IO ho imparato a usare l'uncinetto! Sono solo alle prime armi, ho una vita ancora da imparare, ma... credo non mi fermerò più! :)


Fonte: Craftstylish.com
E allora, con gli occhi fissi sul mio lavoro, la parola che non esce, tanto sono concentrata su quel filo, non so come ma la mia testolina ha ritrovato un ricordo antico. 
Nonna riciclava le buste di plastica 30 anni fa, facendomele tagliare in striscioline che non capivo che fine facessero: per la sua nipotina lei aveva inventato un puro esercizio di concentrazione, quel fare una cosa all'apparenza senza senso ma con un fine molto importante. Per sé, nonna aveva trovato chi pazientemente realizzava per lei matasse e matasse di filato, da usare per creare borse troppo belle, porta cose per il bagno, borsellini, teli da mare, tende oscuranti e un sacco di cose bellissime che nei miei ricordi si tingono di colori vivi, luci e ombre filtrate. 
Faccio maglie basse e penso. Un bell'esercizio, la manualità: ti riporta a te, ti permette - se 'sto filo entrasse, 'nnaggia! - di rivedere te stessa dall'interno, quello che hai costruito, quello che hai intrecciato finora. A volte puoi anche tornare indietro, sfilare una maglia troppo larga o troppo stretta per quel disegno e ripeterla corretta. A volte no, perché te ne accorgi quando è tardi e decidi che quel lavoro deve andare avanti, errori o no: bello anche con tutti i suoi errori, le inesattezze, le debolezze. Questo il terzo traguardo, che conta molto più degli altri: la serenità nell'ammettere i propri errori. Vi sembra niente?

E voi a che punto siete con la Guerrilla? Cosa avete imparato a ridurre? Quali cose VITALI ha riportato alla luce questa eliminazione del superfluo?

lunedì 13 aprile 2015

Parole famose #4

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Gli uomini si dividono in quelli che costruiscono e quelli che piantano. I costruttori concludono il loro lavoro e, presto o tardi, sono colti dalla noia. Quelli che piantano sono soggetti a piogge o tempeste, ma il giardino non cesserà mai di crescere.
(Paulo Coelho)

lunedì 6 aprile 2015

Parole famose #3

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C’è tanta gente infelice che tuttavia non prende l’iniziativa di cambiare la propria situazione perché è condizionata dalla sicurezza, dal conformismo, dal tradizionalismo, tutte cose che sembrano assicurare la pace dello spirito, ma in realtà per l’animo avventuroso di un uomo non esiste nulla di più devastante di un futuro certo. Il vero nucleo dello spirito vitale di una persona è la passione per l’avventura. La gioia di vivere deriva dall’incontro con nuove esperienze, e quindi non esiste gioia più grande dell’avere un orizzonte in costante cambiamento, del trovarsi ogni giorno sotto un sole nuovo e diverso…
(Dal film Into the wild)

mercoledì 1 aprile 2015

Di semplicità... virtù!

morguefile.com
Oggi si parla di ‘downshifting’, di 'semplicità volontaria', una volta si chiamava ‘fare la casalinga’.

Sono cresciuta con una mamma casalinga per scelta, che si è arrangiata non poco (e meno male che a quei tempi nelle scuole insegnavano economia domestica, dovremmo tornare a farlo!) per arrivare a fine mese con uno stipendio che certo non permetteva grandi lussi (mangiare al ristorante??? ah ah ah!).
Si faceva la spesa una volta ogni 15 giorni e per farla prendevamo il pullman, che ci portava in città, dove si trovava il primo supermercato aperto. Poi, cariche di sacchetti, aspettavamo di tornare a casa, alla fermata, parlando fittofitto di questo e quello, io e lei. La finta pelle rossa dei sedili, il controllore - sempre - lo stesso, e attenta quando dobbiamo scendere che coi vetri appannati non si vede niente. L'odore di chiuso, le chiacchiere a bassa voce della gente, il cartoccio del crudo che aspettava solo di essere aperto e io che fremevo nell'attesa di leggere l'ultimo numero di Topolino, chiuso nella borsa di mamma. 
Si dovevano prendere le misure, sempre, non azzardare i propri passi e le iniziative, stare nei limiti. Prendere le misure per lasciare un po' di spazio agli imprevisti.

Bella la discussione che si aprì qui, ormai parecchio tempo fa, tanti gli spunti che se ne possono trarre, tante le riflessioni che ho fatto e che continuerò a fare. ll downshifting forzato di fronte a cui mi trovo mi fa tornare ancora una volta lì, alle vecchie abitudini, alle tradizioni, alla torta di pane fatta lo scorso fine settimana, perché non posso proprio, non posso buttarlo, il pane avanzato: è una forza che viene dal passato quella che mi blocca, sono convinta che sia nonna a fermarmi. Ancora una volta mi sta aiutando a prendere le misure, a lasciare quel benedetto spazio per gli imprevisti.
Prendere le misure è anche capire come ha fatto chi in quest'avventura si è buttato da un po': Simone Perotti, Pecoranera, Devis Bonanno, sono solo alcuni degli intrepidi. Altri verranno strada facendo, ne parleremo insieme, valuteremo, pondereremo. Prenderemo le misure.

p.s.: della torta parlerò e appunterò qui la ricetta: tramandare le tradizioni, segnarlo fra le cose importanti! ;)

Seduti al bar del CircoloVizioso

Seduti al bar del CircoloVizioso
Ovvero: avete tempo per una birra? Il nostro bar è nato per conservare e ricordare i tanti "posticini del cuore" che ci hanno lasciato un'emozione. Per chi ha bisogno di trovare il suo, di posticino del cuore. Per evadere 10 minuti dalla routine quotidiana, per conoscere posti che magari non avete mai visto, per fermarsi a meditare su un'immagine, per bersi una birretta ghiacciata in compagnia degli amici... Tornate quando volete, il bar è sempre aperto!

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Il Vizio di Leggere

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