Lo scorso 14 febbraio Zebuk ha festeggiato il suo quarto compleanno (già 4 anni insieme?) e lo ha fatto con tutti voi, liberando libri ovunque, per tutta Italia e non solo.
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L'isola del tesoro. Un classico tra classici. Uno di quelli che deve essere letto, almeno una volta nella vita. Uno di quelli che di solito si legge da ragazzi, merito (merito!) di quei professori che sanno come indirizzarci sulla retta via... ma questo non significa che L'isola del tesoro sia un libro adatto solo a loro.
Io l'ho letto da grande, per esempio. E questo magari la dice lunga sui miei professori (che hanno optato per altri autori, italiani soprattutto) e anche su quello che ancora manca alla mia cultura di lettrice. Tanto, manca ancora tanto.
Ma torniamo a noi: vi racconto la storia di una liberazione.
«Quindici uomini sulla cassa del morto, yo-ho-ho! E una bottiglia di rum! Il vino e il diavolo hanno fatto il resto, yo-ho-ho! E una bottiglia di rum!» (cit.)
Il sole allo scoperto, di nuovo, dopo tanto. Voglia di liberarsi dagli abiti pesanti, nell'aria un profumo nuovo, di entusiasmo, di avventura (oddio, che cosa poetica).
Ho studiato bene il luogo dove liberare il mio tesoro: dovrà essere bene in vista ma anche ben protetto, in una zona di passaggio frequente, con tanti ragazzi ma non solo. Perché il prescelto dal libro - perché lo sapete che sono i libri, a sceglierci, vero? - potrebbe non essere un ragazzo: magari c'è qualche adulto in giro che ha bisogno di scoprire il suo tesoro, di fare un viaggio in un'isola sperduta, dove ritrovare... qualcosa che ha perso, chissà. Magari se stesso.
Un'ultima scorsa alle pagine, un saluto leggero: buon viaggio!
Poi mi alzo, mi allontano, lo lascio su quella pietra scavata che fa da panchina, all'interno della grande porta medievale: un tesoro abbandonato nella pietra antica, dove tante mani, tanti occhi son passati, dove si son vissute storie, amori, tragedie anche. Ragazzi all'uscita da scuola, bar, negozi nelle vicinanze. Vicino alla porta c'è anche la fontana pubblica, sui fossi.
Chissà, magari Il Prescelto è la commessa del negozio di scarpe che passa a prender l'acqua con le bottiglie di vetro nel cestino rosso della bicicletta. Allunga lo sguardo, curiosa. Ma poi l'acqua scroscia fuori dalla bottiglia, lei si distrae. Non è per lei, il tesoro. No.
Forse Il Prescelto è quel vecchietto? Sì, quello lì, che cammina col bastone e la borsa di stoffa col ciuffo di sedano che spunta fuori, come un mazzo di fiori monocromatico da portare alla moglie, che attende a casa, grembiule a quadretti e cencino a portata di mano: lei gli ha segnato pazientemente la lista della spesa sul foglietto strappato dall'agenda della banca e lui ha eseguito, alla lettera, i compiti assegnati. No, non è lui: il suo tesoro, lui, ce l'ha già a casa, ne è certo.
Quelle ragazze! Turiste, sì. Parlano fittofitto e non si capisce una parola: occhi a mandorla e risate a non finire che escono dalle loro bocche. Ridono anche quando si accorgono del tesoro. Lo guardano e continuano a ridere. Ma si allontanano. Nemmeno una foto, hanno scattato. Strano.
Poi arriva lui, jeans e giubbotto nero. Capelli sale e pepe, sui quarantacinque, forse. Mi accorgo di lui quando è già di spalle, non lo vedo in viso. Nella mano destra ha il cellulare, all'orecchio, e parlaparlaparla, sembra non finire mai il fiato. Nella sinistra la sigaretta, la porta alla bocca e poi si sbraccia, la brandisce come una spada per affrontare un nemico immaginario, forse quello con cui parla al telefono. Rallenta il passo sotto la porta, vicino al tesoro, il mio tesoro. Continua a parlare ma sembra attratto da quello che ha visto; simula anche un certo disinteresse, tra poco comincia a fischiettare e guardare per aria, ne sono certa, ma continua ad avvicinarsi. Lo prende, lo gira e lo rigira, vede il segnalibro forse e rimane un attimo ad osservare, sospeso nel tempo e nello spazio. Ecco, lo ha preso! Lo porta con sé! E mentre riprende a parlare al telefono continua a soppesarlo, rigirandolo tra le mani, sorpreso dal fatto che qualcuno lo abbia lasciato lì, per lui.
Si allontana, ora, con la sua camminata strana e con il suo nuovo tesoro tra le mani, continuando a gesticolare e a parlareparlareparlare.
Buon viaggio, mio tesoro. Mi auguro che chi ti ha accolto sappia darti ascolto, apprezzarti, cogliere i buoni consigli che sai dare, anche solo passare piacevoli ore insieme a te.
«Quindici uomini sulla cassa del morto, yo-ho-ho! E una bottiglia di rum! Il vino e il diavolo hanno fatto il resto, yo-ho-ho! E una bottiglia di rum!»
Sapete che i classici si possono anche ascoltare? Così non abbiamo più la scusa del tempo che manca... ;)
Liberare "tesori"; è arricchire culturalmente gli esploratori del mondo ed impreziosire la propria anima.
RispondiEliminaHai ragione, Marco!
EliminaGrazie per il tuo commento :)